Calendario
Area Utente

Kossi KOMLA-EBRI, scrittore-migrante, risponde alle nostre domande. Prima parte

News.

Kossi KOMLA-EBRI, scrittore-migrante, risponde alle nostre domande. Prima parte

News.

Nato in Togo (Tsévié) il 10/01/1954, Kossi Amékowoyoa KOMLA-EBRI ha lavorato come chirurgo presso l’ospedale Fatebenefratelli di Erba (Co) prima di andare in pensione.
Ecco alcuni dei suoi libri: “Identità trasversa” (Antologia “Parole di sabbia”, Ed. Il Grappolo, 2002), “Imbarazzismi-quotidiani imbarazzi in bianco e nero” (Ed. Dell’Arco-Marna, 2002), il romanzo “Neyla” (Ed. Dell’Arco-Marna, 2002), la raccolta di racconti “All’incrocio dei sentieri” (Ed.EMI-Bologna,2003), “La sposa degli dèi” –nell’Africa degli antichi riti vodù-(racconto lungo) Edizioni dell’Arco-Marna 2005..

E’ PIÙ LONTANO IL TOGO DALL’ ITALIA O L’ITALIA DAL TOGO?

Tutto dipende del criterio che assumiamo per questa valutazione.
Geograficamente ovviamente non ci sono differenze ma se valutiamo sul piano economico, scientifico, possiamo affermare che su questi punti e più in generale dal punto di vista di uno sviluppo tecnologico, politico e sociale l’Italia è migliaia di anni lontani.

Sul piano culturale intesa come vestigi storici e artistici anche qui la distanza è enorme.
Ma dal punto di vista della cultura intesa come modi di vita, cucina, valori umani e morali, solidarietà, senso della famiglia, della convivenza, senso del sacro (spiritualità) senza che questo implica una valutazione in negativo o positivo, perché ci sono valori e disvalori in ogni cultura, il Togo mi sembra più lontano dall’Italia.

E’ PIÙ DIFFICILE DESCRIVERE L’ITALIA AD UN TOGOLESE O IL TOGO AD UN ITALIANO?

Senza dubbio è più difficile descrivere il Togo ad un italiano.
In questo mondo ormai iperconnesso e globalizzato il mondo Sud sa, o crede di sapere tutto del mondo Nord in grande parte idealizzato, nell’attrazione fatale, come la società del bengodi.
Invece nei mondi Nord i mondi Sud subiscono, ancora, solo una narrazione negativa.
Quella che la scrittrice nigeriana Chimamanda definisce come “il pericolo di una storia unica” che crea solo pregiudizi e un immaginario negativo sulle Afriche.

È difficile spiegare a un italiano perché lo straniero in mina si chiama “Amédjro” ossia “Colui che è desiderato” oppure che non abbiamo una parola distintivo fra fratello e cugino che sono sempre “novi” cioè “figlio di madre” oppure che chiamiamo tutti gli adulti papà o dada.
Impossibile spiegare perché le stesse persone vanno la domenica mattina a messa poi la sera alla cerimonia vodù. Che nella spiritualità togolese non vi è il manicheismo occidentale e che le cose possono essere diverse senza per forza essere contrapposte.

Non si tratta di una questione di grado di studio.
Sicuramente sarà incomprensibile, come lo è già per me, che una ragazza istruita scelga di essere l’ultima moglie di un poligamo avendo vissuto ormai per anni in una società ove questa poligamia come pure la poliandria se c’è avviene o in modo celato, non ufficiale o in fase successiva.
Difficilissimo spiegare un costante navigare nella vita a vista, ignaro del tempo che viene sospeso e dilatato. Il vivere alla giornata in modo informale che incoraggia il parassitismo.

Sono così tante piccole cose, come la musica, i ritmi, i rumori, gli odori, i sapori, l’importanza del saluto, le franche risate, il peso della famiglia, lo stare assieme che talvolta divora spazio e tempo alla tua privacy. Tante piccole cose che caratterizzano un vivere assieme: una cultura che è difficile descrivere ad un italiano.
Tante e tutte cose che fanno poi che casa è casa nonostante tutto, nonostante la furiosa rabbia, l’impazienza di voler cambiare tutto, e l’impotenza nel vederla arrancare e ferma, quasi congelata sulle sponde della miseria.

Seconda parte dell’intervista
Terza parte dell’intervista

Condividi su

condividi facebook condividi linkedin condividi twitter invia mail